Perché Baku Daemon

Perché Baku Daemon


  Baku Daemon è una metafora che in questo sito utilizzo per indicare il mondo dell’immaginario che si apre nel sogno, ma che è presente anche nelle favole, fiabe, leggende, miti e racconti fantastici.
  Il suo nome deriva dall’omonimo essere della mitologia cinese e giapponese che si nutre degli incubi delle persone, apportando loro sollievo e buoni auspici. E’ considerato uno spirito benigno, in grado di allontanare il male e la cattiva sorte. Secondo la leggenda esso può essere invocato recitando tre volte formule del tipo "cedo il mio sogno al baku perché lo mangi". Tuttavia, la tradizione afferma che la forza evocativa legata a questa creatura è tale che anche il solo apporre la sua immagine, o il suo ideogramma nella camera da letto sia un potente talismano contro le avversità e le sventure.
  Non è un caso che le favole vengano raccontate ai bambini nel momento in cui devono andare a dormire. Di notte affidiamo il nostro corpo e il nostro spirito alle tenebre. Abbandonandoci al sonno, lasciamo calare il buio sulla realtà, scendiamo in un luogo solo nostro. Riaccendiamo la luce per camminare in questo spazio segreto che si apre solo a noi, senza il pericolo che sia violato da chi non è in grado di comprendere. E la comprensione, quella della logica, qui non ha più alcun fondamento. Questo è il posto del sogno, delle immagini, dell’anima, della libertà. Qui le paure e il dolore vengono e poi se ne vanno. Compaiono solo per mostrare la possibilità di farci fare una scelta: rimanere con loro oppure trasformare i tormenti che ci suscitano in “bellezza”.
  Il baku mangia gli incubi. Ci mostra come digerire il cattivo cibo, quello che a volte è per noi impossibile da buttare giù. E’ il demone che mastica ed espelle i veleni che di giorno, da soli, non riusciamo a smaltire perché mortali. Si occupa dei “rifiuti non degradabili” e li trasforma in qualcosa di utile, in medicina. Come? Dando prima di tutto loro un corpo, un nome, un potere, una funzione. E poi divorandoli.
  Allora tutto cambia. I nostri occhi, nella notte, non rimangono più chiusi per l’orrore, ma vedono una via di scampo: quelle immagini velenose non ci rimangono più appiccicate addosso, chiuse nella nostra pancia. Guardando il baku nutrirsi di loro possiamo mandarle via. Se le osserviamo distaccarsi da noi usciamo dal vortice che i veleni producono, rompiamo l’immobilità in cui ci hanno invischiato e iniziamo a scegliere di andare oltre. Decidiamo di percorrere la via del risveglio. Ecco cosa fa il baku con i nostri sogni e le nostre vite. Ecco cosa fanno le storie fantastiche con i mostri che ci spaventano.
  Daimon, da cui deriva l’italiano “demone” e l’inglese “daemon” (in inglese esiste anche il termine “demon”, ma per designare uno spirito malvagio), in greco antico significa «essere divino» ed è una sorta di mediatore fra ciò che è sovrannaturale e ciò che è umano. Per questa sua caratteristica di trovarsi a metà tra il mondo celeste e quello terrestre, anticamente i demoni erano visti sia come protettori che come guide degli uomini.
  Il mio Baku Daemon, il mio demone del sonno, sono le storie fantastiche che ho qui collezionato, sia sotto forma di leggenda, mito, favola, fiaba, fumetto, canzone o racconto. Parlare dei loro mondi è per me un po’ come parlare del mondo dell’anima, lo “spazio di dentro”, l’essenza che ci mette nelle condizioni di sentire, volere, scegliere, agire in piena libertà, di comprendere noi e l’universo che ci circonda. E di riappropriarci della nostra natura divina.
  Demoni, spiriti, creature animate o inanimate, forniti di poteri magici e in grado di compiere azioni straordinarie sono esseri ormai considerati come semplici prodotti della fantasia, ma in realtà hanno più a che vedere con il desiderio di raggiungere un sapere superiore e il sapore della riconquista di un’antica saggezza dimenticata. Non è un caso che il mondo del soprannaturale tenda a riaffiorare nell’immaginario collettivo nei momenti di particolari crisi, siano esse culturali, economiche, sociali o esistenziali.
  Le mie storie parlano di universi sospesi nell’aria che trasudano vita perché parlano della vita. Mettono in scena facoltà magiche dell’anima, sono spiriti guida. Sono soprattutto una sorta di materializzazione dello spazio interiore dell’uomo che si rende manifesto per consigliarlo e guidarlo nei momenti difficili. Provengono da quella saggezza dell’anima cui facciamo ricorso quando ci troviamo persi.
  La possibilità di ritrovare la strada perduta, quella che è più adatta a noi, avviene nel momento in cui si ristabilisce quella connessione con la propria interiorità. E’ una riconciliazione che tutto chiarifica e che si realizza con la comprensione di ciò che è superfluo e di ciò che invece serve ed ha importanza.
  Per Socrate era indispensabile per l’uomo prendersi cura della psyché – l’anima – intesa come il proprio mondo interiore, fatto di emozioni, passioni, talenti, silenzi, demoni, ombre, segreti da custodire, immagini che vengono da lontano. L’anima è fatta di opposti che si integrano e completano a vicenda, di parti che comprendono sia il bene che il male, perché è un essenza viva che tende al movimento perpetuo senza tuttavia mutare la propria natura. E’ soprattutto la traccia unica che esprime il nostro spessore umano.
  Prendersi cura della nostra anima, la risorsa segreta che ci nutre e che ci protegge, significa metterci la vita nel fare le cose. E in fondo la vita è la sola cosa che ci serve, la sola che possediamo.

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